mercoledì 27 aprile 2016

lunedì 25 aprile 2016

Dall'11 settembre a Barack Obama: un'intervista


Nel 2014 Emanuele Schibotto mi ha fatto un'intervista che è stata pubblicata nel sito Equilibri. Dal momento che l'intervista non è più in rete la pubblico nel mio blog. L'argomento dell'intervista è il mio libro intitolato Dall'11 settembre a Barack Obama. La storia contemporanea nei fumetti pubblicato da NPE nel 2013.




QUAL'ERA IL TUO OBIETTIVO NELLO SCRIVERE QUESTO VOLUME? QUALE MESSAGGIO INTENDI COMUNICARE?
Ben prima di pensare a questo libro avevo letto alcuni fumetti nei quali gli autori avevano affrontato il tema degli attentati dell’11 settembre e preso posizione sulla Guerra al Terrore. Ad eccezione de L’ombra delle Torri di Art Spiegelman e di alcuni fumetti brevi pubblicati in un’antologia intitolata 9-11 vol. 1. Artists Respond, caratterizzati per lo più dall’essere autobiografici, si trattava di opere di finzione utilizzate dagli autori per esprimere il proprio punto di vista sull’11 settembre e sulla politica estera dell’amministrazione Bush: Ex Machina di Brian K. Vaughan e Tony Harris (un supereroe improvvisato salva una delle Torri Gemelle dall’attacco dei terroristi, e grazie alla fama procuratagli da questa azione vince le elezioni amministrative a New York), Ultimates di Mark Millar e Bryan Hitch (una versione reazionaria dei Vendicatori in cui i supereroi sono usati dal governo americano come armi di distruzione di massa), The Pro di Garth Ennis e Amanda Conner (una prostituta supereroina rimprovera dei supereroi derivati da Batman e Superman di non essere riusciti a sventare gli attentati), DMZ di Brian Wood e Riccardo Burchielli (una New York devastata dai bombardamenti – lo scrittore risiede nella metropoli e ha preso spunto da quanto visto l’11 settembre – fa da sfondo a una guerra civile interna agli Stati Uniti) e altri.
Inizialmente, dunque, ero interessato a due filoni: l’uso del fumetto per fare cronaca e per esprimere opinioni politiche. In seguito, mano a mano che ho raccolto materiale (non solo fumetti, ma anche opere di saggistica non legate ai fumetti), ho ampliato lo sguardo e aggiunto argomenti nuovi al nucleo iniziale.

 
IL LIBRO, PAR DI CAPIRE, E' CENTRATO SU DUE POLI PRINCIPALI: STATI UNITI ED EUROPA. PER QUALE MOTIVO? PERCHE' LA LETTERATURA FUMETTISTICA DI RIFERIMENTO PROVIENE DALL'OCCIDENTE OPPURE PERCHE' HAI RITENUTO IMPORTANTE ANALIZZARE SOLO QUESTE DUE AREE?
Ho scelto di occuparmi in maniera sistematica dei fumetti realizzati dagli autori di lingua inglese e di dedicare spazio anche ad alcuni fumetti dell’Europa continentale. Non conoscendo lingue come l’arabo e il giapponese, e non esistendo fumetti di importanza fondamentale scritti in queste lingue e tradotti in italiano, sono stato costretto a pormi dei limiti.
Quando ho iniziato a scrivere il libro non immaginavo che i fumetti su 11 settembre, Guerra al Terrore, elezione di Barack Obama e morte di Osama bin Laden fossero così tanti. Se al principio avessi deciso di prendere in considerazione la produzione fumettistica a livello globale, probabilmente sarei dovuto ritornare sui miei passi a causa della mole di lavoro richiesta. Inoltre non ci sarebbero state pagine a sufficienza per occuparmi di tutti i fumetti!
Penso che sarebbe possibile scrivere un altro libro sull’epoca della Guerra al Terrore nei fumetti italiani.

 
LA BIBLIOGRAFIA DELL'OPERA E' MOLTO NUTRITA. QUALI SONO STATI I LIBRI DI RIFERIMENTO (OLTRE AI FUMETTI) PER LA CONSULTAZIONE?
Un libro importante è stato Writing the War on Terrorism di Richard Jackson (Manchester University Press, 2005). In questo saggio l’autore ha analizzato il linguaggio utilizzato da George W. Bush e dai membri del suo governo all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001, e le ricadute che queste scelte linguistiche, accettate e subito assorbite dai mass media, ebbero sull’opinione pubblica. Jackson non si è occupato di fumetti nel suo libro: trovo che individuare come i fumettisti abbiano reagito al linguaggio proposto in maniera aggressiva dall’amministrazione Bush sia una sorta di prosecuzione e sviluppo del tutto nuovi del lavoro fatto dallo studioso inglese.
Se si eccettua una breve favola reazionaria – ha come protagonisti un elefante (gli Stati Uniti) e una banda di topi di fogna (i terroristi) – di Stan Lee e Marie Severin, nella quale sono ripresi in maniera pedissequa i vocaboli più caratteristici e le argomentazioni dei discorsi fatti da Bush all’indomani dell’11 settembre, mi sembra che i fumettisti siano stati refrattari alla retorica proposta da quel governo. Come esempi di fumetti nei quali il linguaggio di Bush è stato criticato si possono citare L’ombra delle Torri di Art Spiegelman, The Boondocks di Aaron McGruder e Doonesbury di Garry B. Trudeau.
Da Writing the War on Terrorism e da un altro libro interessante sullo stesso argomento (Linguaggio collaterale. Retoriche della “guerra al terrorismo” a cura di John Collins e Ross Glover, pubblicato in Italia da ombre corte) ho preso spunto per scrivere l’intero quarto capitolo.
È stata molto utile anche la lettura di Diplopia di Clément Chéroux (Giulio Einaudi Editore, 2010), un saggio nel quale l’autore ha analizzato le fotografie degli attentati dell’11 settembre pubblicate su circa quattrocento quotidiani americani usciti l’11 e il 12 settembre 2001, Shock Economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri di Naomi Klein (RCS Libri, 2007), che è alla base di due fumetti di Joe Sacco (Nostradamus Project, uscito nel volume antologico 12 settembre) e Roberto Recchioni e Matteo Cremona (David Murphy – 911), Il conflitto israelo-palestinese di James L. Gelvin (Giulio Einaudi Editore, 2007), Arteterapia. L’arte che cura di Cathy A. Malchiodi (Giunti Editore, 2009) e altri.

CI PUOI DESCRIVERE LE DIFFERENZE NEL TRATTARE LA STORIA CONTEMPORANEA TRA MAINSTREAM DEI FUMETTI STATUNITENSI E GLI EDITORI EUROPEI?
Premetto che non mi sono occupato in maniera sistematica dei fumetti europei. Senza dubbio fra fumetti statunitensi ed italiani c’è una differenza quantitativa. Negli Stati Uniti i fumetti sono pubblicati in modo tale per cui viene data la possibilità a tantissimi autori di essere pubblicati ed esprimere le proprie opinioni presso un vasto pubblico. Mi riferisco al fatto che negli Stati Uniti escono ogni mese più di quattrocento albi con fumetti di circa ventidue pagine e i quotidiani ospitano un ragguardevole numero di strisce (questa forma di pubblicazione, sebbene in declino, offre ancora spazio a molti autori). In Francia invece il mercato del fumetto è vasto e paragonabile quanto a dimensioni a quello degli Stati Uniti.
Al di là di queste considerazioni sulla quantità di fumetti pubblicati, è importante sottolineare come negli Stati Uniti gli autori siano stati rapidi ad affrontare il tema degli attentati dell’11 settembre e come i temi dell’11 settembre e della Guerra al Terrore abbiano pervaso un numero elevato di opere.
In Italia invece, salvo eccezioni (credo che l’unica eccezione sia un fumetto di Roberto Recchioni pubblicato su Lanciostory nel 2001), non c’è stata l’esigenza immediata da parte degli autori di confrontarsi con quello che era successo l’11 settembre e ci sono state meno occasioni di parlare della Guerra al Terrore.
Non c’è una sola spiegazione a questa differenza di approccio. Innanzitutto si può notare che il fumetto italiano è storicamente meno incline a occuparsi dei fatti di cronaca contemporanea rispetto a quello statunitense. In secondo luogo, come detto sopra, meno sbocchi per gli autori significa meno occasioni per esprimersi. Infine non bisogna dimenticare che molti fumettisti abitano a New York e che nella Grande Mela hanno sede case editrici importanti come Marvel e DC Comics. Per quanto gli Italiani siano stati toccati da quello che è successo l’11 settembre, e per quanto i mezzi di comunicazione abbiano abbattuto la distanza fra l’Italia e New York, in Italia il crollo delle Torri è stato vissuto solo in via mediata. Invece i newyorkesi (e quindi gli autori di fumetti) erano in mezzo alla nuvola di polvere che si sollevava da Ground Zero. Non c’è da stupirsi che molti di loro abbiano voluto sedersi immediatamente al tavolo da disegno per raccontare.

COME GIUDICHI I LAVORI DI GRAPHIC NOVEL? SECONDO TE I JOE SACCO E GUY DELISLE INIZIANO AD ESSERE APPREZZATI ANCHE IN ITALIA OPPURE PERMANE UNA CONSIDERAZIONE MINORE?
In Italia c’è molto interesse per le opere di cronaca a fumetti, che riescono a catturare l’attenzione dei giornalisti e di un pubblico nuovo che in precedenza non seguiva i fumetti con costanza o era lontano da questo linguaggio.
Non c’è quindi da stupirsi che Joe Sacco, uno dei padri e degli autori migliori di graphic journalism, abbia un buon seguito. Anche Guy Delisle è un autore che merita attenzione. Tra l’altro il rinato interesse di Mondadori e Rizzoli per il fumetto passa anche per questi due autori: la prima pubblica Sacco e la seconda Delisle.
A proposito del legame fra graphic novel e 11 settembre e Guerra al Terrore mi ha stupito il fatto che questi argomenti siano stati quasi del tutto ignorati dagli autori italiani (un’eccezione è la biografia a fumetti di Julian Assange scritta da Dario Morgante e disegnata da Gianluca Costantini).