Il Grand Prix de la Ville d’Angoulême è un premio alla
carriera che viene assegnato ogni anno in occasione del Festival di Angoulême.
È un premio unico, nel senso che esiste una sola categoria: non ci sono il
Grand Prix al disegnatore, sceneggiatore, copertinista, inchiostratore… C’è
solo un unico Grand Prix assegnato una volta l’anno a un solo autore (ci fu un’unica
eccezione nel 2008, quando vinsero Dupuy e Berberian, ma in quel caso era
giusto fare uno strappo alla regola), con l’aggiunta sporadica di un secondo
Premio speciale di pari importanza (sono stati assegnati Premi speciali in
occasione del decimo, quindicesimo, ventesimo e quarantesimo anniversario del
Grand Prix, un Premio speciale del millennio nel 1999 e un Premio speciale
vinto dalla rivista Charlie Hebdo nel 2015).
Il Grand Prix è stato vinto da autori come Will Eisner,
Moebius, Jean-Claude Forest, Hugo Pratt (Premio speciale del quindicesimo
anniversario) Jacques Tardi, Morris, Enki Bilal, Robert Crumb, Albert Uderzo
(Premio speciale del millennio), Art Spiegelman, Bill
Watterson e Katsuhiro Otomo.
Insomma, non ne danno tanti e non li danno al primo che capita…
Insomma, non ne danno tanti e non li danno al primo che capita…
Il 5 gennaio 2016 gli organizzatori del Festival di Angoulême
hanno reso nota una lista di trenta autori di fumetti candidati all’edizione 2016
Grand Prix. Il secondo passo sarebbe dovuto essere la selezione ulteriore di
tre di essi e il terzo passo sarebbe dovuto essere l’assegnazione del Grand
Prix a uno dei tre.
Qualcosa si è inceppato. È stato notato che fra i trenta
candidati al Grand Prix non c’è nemmeno una donna, e così ben dieci autori
candidati hanno rifiutato di concorrere per il premio in segno di solidarietà
nei confronti delle donne che fanno fumetti oppure per protestare contro una
selezione che da più parti è stata definita sessista. Gli autori che hanno
scelto di non gareggiare per il premio sono Daniel Clowes, Chris Ware, Charles
Burns, Riad Sattouf, Joann Sfar, Milo Manara, Pierre Christin, Etienne
Davodeau, Christophe Blain e Brian Michael Bendis. L’organizzazione del festival
è corsa al riparo annunciando che saranno aggiunte delle donne nella lista dei
finalisti.
La polemica ha avuto risonanza mondiale, sia per la
caratura e per il numero degli autori coinvolti sia per l’importanza del
premio. È intervenuta anche Fleur Pellerin, Ministro della cultura in Francia,
affermando di essere un po’ turbata dal fatto che in una lista di trenta autori
non ci fosse nemmeno una donna.
Il direttore del festival Franck Bondoux, intervistato da
Télérama,
ha affermato che “Il Festival ama le donne, ma non si può riscrivere la storia
del fumetto”.
E ha ragione Bondoux: per decenni la storia del fumetto è
stata fatta principalmente da autori di sesso maschile. È normale che i
vincitori fino a oggi siano quasi tutti uomini e che i candidati siano quasi
tutti (o tutti, come è successo quest’anno) uomini.
Chi contesta la scelta della giuria dovrebbe fare due
cose. Innanzitutto dovrebbe produrre un lungo elenco di autrici che meritano un
premio alla carriera così prestigioso, un premio che è stato vinto da Moebius,
Pratt, Watterson e Otomo e che vanta fra i candidati dell’edizione del 2016
Alan Moore, Frank Miller, Lorenzo Mattotti e Alejandro Jodorowsky. Parlo di
autrici di prima grandezza, non di oneste professioniste da elencare solo
perché donne, che sarebbero le prime a provare imbarazzo per essere state
infilate a forza in un contesto che non appartiene loro. Le autrici meritevoli
esistono, ci mancherebbe. Per esempio Grazia Nidasio, Alison Bechdel, Marjane
Satrapi, Rumiko Takahashi, Riyoko Ikeda, Moto Hagio e Ai Yazawa. Probabilmente
ce ne sono altre, ma quante altre?
In secondo luogo i contestatori dovrebbero fare un elenco
di uomini all’altezza di vincere il premio. Sicuramente l’elenco sarebbe molto
lungo. Sarebbe nettamente più lungo di quello delle donne.
In passato il fumetto è stato appannaggio principalmente
dei maschi. I premi alla carriera vengono assegnati ad autori che una carriera
l’hanno avuta (i vincitori del Grand Prix hanno in media 50 anni e solo in
cinque occasioni il premio è stato assegnato ad autori trentenni), non all’ultimo
arrivato che ha azzeccato un libro nel 2015 e sul quale si prova a scommettere.
E gli autori che hanno avuto una carriera, oggi, provengono da un mondo che era
principalmente maschile. Volere inserire forzatamente la componente femminile
in un contesto che era principalmente maschile significa riscrivere la storia del fumetto, e
riscriverla in maniera falsa. Non che le donne in passato siano sempre state estranee al mondo del fumetto (sopra ho scritto che donne meritevoli di vincere il premio ce ne sono), ma fare finta che le donne abbiano avuto un impatto
determinante nella storia del fumetto significa raccontare una bugia.
Le vittime di questa bugia sono le donne. La candidatura
di trenta uomini al Grand Prix descrive il mondo del fumetto come era in
passato e come si vorrebbe che non fosse. Fare una fotografia veritiera del
passato aiuta a mettere a fuoco il problema e a cercare soluzioni per superarlo
(visto che ancora oggi le donne che fanno fumetti sono una piccola minoranza). Cosa
succederebbe se venisse dato uno spazio abnorme alle donne? Esauriti in fretta
i nomi di prima grandezza, si sarebbe costretti a raschiare il fondo del barile
pur di dare uno spazio obbligatorio alle donne. Le autrici finirebbero con il
conquistare uno spazio per via della femminilità anziché della bravura. Sarebbe
svilente per le donne e irritante per gli uomini.
Le vittime di questa bugia sono anche gli uomini. Il
tentativo di dare alle donne un rilievo che non hanno avuto nella storia del
fumetto è una discriminazione sessista nei confronti dei fumettisti di sesso
maschile che un ruolo di primo piano lo hanno avuto.
La candidatura di trenta maschi al Grand Prix de la Ville avrebbe dovuto essere l’occasione per scrivere il futuro, non per riscrivere il
passato a proprio comodo.
Meglio stendere un velo pietoso sul comportamento dell'associazione di autrici Collectif des créatrices de bande dessisée contre le sexism, che ha invocato il boicottaggio del premio da parte dei trenta candidati, e degli organizzatori del Festival di Angoulême, che hanno ceduto alle proteste inserendo in un secondo momento sei donne fra i finalisti (Lynda Barry, Julie Doucet, Moto Hagio, Chantal Montellier, Marjane Satrapi, Posy Simmonds).
Meglio stendere un velo pietoso sul comportamento dell'associazione di autrici Collectif des créatrices de bande dessisée contre le sexism, che ha invocato il boicottaggio del premio da parte dei trenta candidati, e degli organizzatori del Festival di Angoulême, che hanno ceduto alle proteste inserendo in un secondo momento sei donne fra i finalisti (Lynda Barry, Julie Doucet, Moto Hagio, Chantal Montellier, Marjane Satrapi, Posy Simmonds).