Alcuni giorni fa si è parlato da più parti delle case editrici che non pagano gli autori.
Nel blog di Andrea G. Ciccarelli un anonimo ha scritto:
"La verità è che il 95% degli autori andrebbe sfrondato, tagliato via, e allora sì, che il restante potrebbe vivere dignitosamente con la propria arte."
Del commento dell'anonimo mi piace la percentuale: 95%. Con buona probabilità è la percentuale di fumetti stranieri pubblicati in Italia: 95% di fumetti stranieri contro il 5% di fumetti italiani.
C'è un esercito di persone che lavora nel settore dei fumetti (traduttori, supervisori, letteristi, grafici) per produrre oggetti di carta ai quali non collaborano gli artefici principali (scrittori e disegnatori). L'industria fumettistica italiana si occupa quasi esclusivamente di "impacchettare" (uso le virgolette perché si tratta comunque di un'attività che richiede abilità e preparazione) materiale preparato all'estero. Tutte le persone che lavorano a questo processo vengono pagate; quindi, se non ci fosse la casa editrice Sergio Bonelli Editore che dà lavoro a moltissimi autori (non sarà l'unica ma è la principale), si potrebbe dire che in Italia ci sono più professionisti nel ramo dei traduttori, supervisori, letteristi e grafici che in quello degli scrittori e disegnatori.
Per me gli autori che si lamentano dei mancati pagamenti da parte dei microeditori perdono di vista il quadro generale.
E' l'industria editoriale nel suo complesso che riserva al fumetto italiano (da libreria) una minima parte delle risorse (il problema, evidenziato da Ciccarelli, era emerso anche alla scorsa Lucca), per non parlare dei casi in cui trova i soldi per pagare i supervisori e i traduttori (non sempre) ma non gli autori.
Oltre ai tradizionali editori di fumetti che fanno a gara a pubblicare esclusivamente fumetti stranieri vanno citati anche i quotidiani. Negli ultimi anni, grazie al boom degli allegati, Repubblica, Corriere della Sera e altri giornali sono diventati i principali editori di fumetti in Italia e si sono subito adeguati alla linea editoriale di impacchettare fumetti fatti da altri. In teoria i siti dei quotidiani, con le loro milionate di visitatori, potrebbero essere i luoghi ideali per pubblicare a puntate i fumetti da libreria (come ha fatto The Guardian con Tamara Drewe di Posy Simmonds) fornendo ai fumettisti una minima base economica e una visibilità che al momento mancano. Peccato che siti come Repubblica.it preferiscano riempire la colonnina della topa con immagini, foto e video citati in modo errato (e pubblicati all'insaputa degli autori?) e conditi con commenti idioti tipo "Il web impazzisce per" e "Tutto il web parla di".
Fino a qualche anno fa l'editoria sviliva la figura dell'autore di fumetti non attribuendogli la paternità delle opere (vedi Disney) e preferendo le biografie dei personaggi allo studio degli autori. Oggi, sembra incredibile dirlo, sono stati fatti dei passi indietro: non è più inutile il nome dell'autore ma l'autore stesso!
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
-
Tutti conoscono l'ultima vignetta dei fumetti di Asterix: i Galli organizzano un banchetto a base di cinghiale per festeggiare il ritor...
-
Max Bunker ha attaccato Sergio Bonelli in un editoriale pubblicato su Alan Ford n.493. " In un “discutibile” intervento sul N° 493 di...
-
L'8 maggio è morto Carlos Trillo, uno dei più grandi e amati sceneggiatori di fumetti dell'Argentina. Trillo ha collaborato tra gl...
Nessun commento:
Posta un commento