venerdì 13 febbraio 2009

Beauty Industries di Ausonia (recensione)


Per una serie di coincidenze Beauty Industries di Ausonia ha l'aspetto di un film muto di fine '800 tradotto in fumetto. Tuttavia l'accostamento di Beauty Industries all'epoca del muto non è il fine dell'autore ma una scelta stilistica che serve a dare maggiore forza alla critica sociale espressa nel fumetto.
Beauty Industries è muto perché Ausonia descrive una società in cui avere relazioni interpersonali significa spuntare buoni contratti e il linguaggio della compravendita, della contrattazione e della permuta ha soppiantato il linguaggio della cordialità, della cortesia e dell'interesse per il prossimo. Questa visione delle cose è riassunta in modo significativo dal dittico formato dalle vignette 11 e 12: il protagonista volta le spalle a un uomo che sta morendo e sorride perché ha visto una farfalla, cioè un oggetto raro che caccia per rivenderlo a caro prezzo a un commerciante.


E' interessante anche la sequenza in cui l'uomo cattura la cantante, altro oggetto appetitoso da rivendere, salita in piena notte sui tetti per condividere la sua melodia con i comignoli delle fabbriche.
Guardando le vignette (da 18 a 26) si capisce che la ragazza sta cantando perché con la sua voce sveglia il cacciatore, però Ausonia non mette su carta i suoni per mezzo di parole, onomatopee o note musicali. Il talento, l'arte e la bravura della cantante sono irrilevanti perché l'unica cosa che conta è la capacità del sistema di convertirli in denaro. Ausonia non ci fa sentire come canta la ragazza ma ci fa vedere la somma che il talent scout riesce a ricavare vendendola.
Probabilmente questa sequenza va letta come una metafora dell'industria artistica che ricerca novità (l'uomo col retino che cattura la ragazza è il talent scout che cerca nuovi cantanti e generi) da trasformare in mode che verranno imposte dall'alto (la successiva vendita della ragazza al commerciante/discografico).


La bicromia vicina al bianco e nero invece serve da un lato per rendere palpabile la rovina (concreta: del paesaggio; dell'aria che diventa inquinata) a cui porta l'industrializzazione selvaggia e dall'altro lato per suggerire l'aridità interiore che alberga nella società della compravendita.
Date queste premesse - scelta del muto e del b/n e loro motivazioni - era spontaneo chiudere il cerchio disegnando tutte le vignette in widescreen, allacciando implicitamente Beauty Industries all'alba del cinema. Il motivo dietro a questo passo è duplice: legare Beauty Industries in modo diretto al secolo in cui è nata l'età industriale e collegare il fumetto a una forma d'arte - il cinema - che come poche altre necessita della dimensione industriale per prosperare.


Il tema portante di Beauty Industries è la critica al circolo vizioso che porta le persone a produrre oggetti (spesso superflui) per poter acquistare altri oggetti (spesso altrettanto superflui). Il vero guaio nasce quando l'interesse per l'oggetto è sostituito dall'interesse per il suo valore materiale.
Altrettanto importante nell'economia del fumetto è la vignetta n. 71. Il protagonista è sdraiato in un prato e strappa un filo d'erba su cui c'è scritto "Beauty Industries". Ovviamente la scritta non significa che l'erba è prodotta artificialmente dalla famigerata industria... L'erba è naturale e la scritta nasconde un'altra metafora: nella società dell'industria la natura è stata soggiogata e trasformata in bene disponibile.

Una parte dei temi di Beauty Industries è semplice e immediatamente decifrabile e una parte è più complessa. Nessuno di essi però è espresso nel fumetto in maniera banale o pedante. E' un pregio che va ad aggiungersi all'interesse degli argomenti trattati nell'opera e all'abilità e bravura di Ausonia come disegnatore e narratore.

Ringraziamenti: www.libroteka.it

Il blog di Ausonia

Beauty Industries
Ausonia
Leopoldo Bloom Editore
2007
brossurato, 48 pagine, bicromia
8 euro



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