Doomsday Clock n. 1-12
Testi: Geoff Johns
Disegni: Gary Frank
DC Comics, 2017-2019
Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons, pubblicato dalla DC Comics fra il 1986 e il 1987, ha avuto una fortuna immensa, non solo di critica e di pubblico ma anche per quanto riguarda l'influenza esercitata sui fumetti americani di supereroi usciti nei decenni a venire. Meno sviluppate sono state le opere nelle quali sono stati ripresi in modo diretto i personaggi del fumetto originale: si sono avuti un film diretto da Zack Snyder, qualche miniserie a fumetti ambientata nel mondo narrativo creato da Moore e Gibbons, e poco altro.
Il poco altro comprende due seguiti usciti quasi in contemporanea e slegati l'uno dall'altro: la serie televisiva "Watchmen" di Damon Lindelof e la miniserie a fumetti "Doomsday Clock" di Geoff Johns e Gary Frank.
Doomsday Clock non è solo un seguito diretto di Watchmen, ma addirittura un incrocio narrativo fra il mondo di Watchmen e l'Universo della DC Comics, popolato dai vari Batman e Superman. L'aggancio per dare il via a un'opera del genere è stato trovato da Geoff Johns in una frase pronunciata dal Dottor Manhattan nelle pagine finali di Watchmen: "Lascio questa galassia per una meno complicata". In Doomsday Clock viene rivelato che il Dottor Manhattan ha abbandonato l'universo complesso di Watchmen per recarsi in quel mondo meno complicato che è l'Universo DC, più semplice rispetto all'altro perché lì i superuomini agiscono secondo una moralità manichea polarizzata su bene e male, a differenza del mondo di Watchmen caratterizzato dalle sfumature di una distorta realpolitik.
Questo spunto è davvero interessante. Non è un'interpretazione filologica di Watchmen - perché è sicuro che Moore non aveva scritto quel dialogo pensando che il Dottor Manhattan sarebbe andato nell'Universo DC - tuttavia un'opera narrativa che si propone come il seguito di un'altra non ha obblighi filologici. Geoff Johns è riuscito a impiantare su Watchmen qualcosa di nuovo e inaspettato senza bisogno di nessuna forzatura, e usando addirittura un dialogo originale come pezza d'appoggio.
L'altro aspetto positivo di Doomsday Clock è il discorso metanarrativo riguardante l'esistenza di Superman all'interno dell'Universo DC. Doomsday Clock è costruito in modo che la spiegazione di questo suo ruolo sia il climax dell'opera, assieme al confronto fra Superman e il Dottor Manhattan, risolto in maniera convincente.
Dunque il fumetto di Johns e Frank ha degli elementi di notevole interesse, ed è sviluppato parzialmente in maniera brillante. Gary Frank alle matite è perfetto, e in vari momenti soggetto e sceneggiatura sono all'altezza.
Purtroppo soggetto e sceneggiatura non sono sempre all'altezza. Johns non ha la profondità di Moore e in certi momenti i dialoghi scivolano nel banale, ma è il soggetto che ha le carenze più gravi. Le sottotrame e i personaggi sono davvero tanti, e spesso Johns dà l'idea di non riuscire ad avere uno sguardo d'insieme adeguato e di gestire il tutto con equilibrio. Dal punto di vista del soggetto e della sceneggiatura questo fumetto ha delle pecche che secondo me vanno imputate anche al supervisore (che evidentemente non ha guidato Johns a dovere) e che incrinano un fumetto ambizioso che aveva le potenzialità per diventare un'opera di alto livello.
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