"Dubbio del mattino, nello stesso giorno in cui si legge delle conigliette di Playboy a Sanremo e contemporaneamente della consueta, abile, messa in accusa dello “straniero” invece di un’intera cultura che allo stupro occhieggia. La nostra cultura, grazie.
Dubbio fortissimo, dicevo, sollecitato da una donna in gamba via mail.
Notizia: graphic novel sul massacro del Circeo. Editore Beccogiallo. Qui notizia e tavole.
Commento. Non posso giudicare un libro da una copertina. Ma la medesima, perdonate, mi ripugna."
Due precisazioni:
- Loredana Lipperini non ha letto il fumetto. Ha sparato la sua sentenza senza verificare se le accuse lanciate contro Fabiano Ambu, autore della copertina, sono fondate (secondo Renato Pallavicini de L'Unità il messaggio del fumetto è ben lontano dall'apologia dello stupro).
- Loredana Lipperini è una giornalista.
Sul tema è intervenuto Roberto Recchioni:
"(...) questa copertina di ammiccante alla cultura dello stupro non ha nulla e tantomeno è una apologia allo stupro o agli stupratori. Solo tempi votati a un sempre più bigotta e imperante mentalità del politicamente corretto possono vederci "il peccato", in una immagine come questa." (nel blog di Recchioni potete leggere le sue motivazioni).
Non serve dire che il lancio della prima pietra ha fatto accorrere nel blog della Lipperini i soliti finti buonisti che hanno proseguito la lapidazione: è la norma nel web 2.0.
L'unico che ha criticato il disegno di Ambu in modo intelligente è stato Gipi. Copio integralmente l'intervento che ha scritto nella sezione dei commenti del blog di Roberto Recchioni.
"Io sono un autore di fumetti.
Ho trattato la volenza più volte, nelle mie storie. Nell’ultimo mio libro racconto il tentativo di violenza sessuale messo in atto contro mia sorella, in una camera dove ero anch’io, bambino. Quindi so benissimo di cosa stiamo parlando.
In passato ho sbagliato a rappresentare la violenza. Non me ne compiacevo neppure allora, ma semplicemente non riflettevo abbastanza. Ora lo faccio. Molto seriamente.
Mi dispiace Roberto, ma secondo me hai preso una cantonata.
Dire di “aver paura” di persone come la Lipperini non ti fa onore. Io ho paura di chi non vede e non discute il mio lavoro. Di chi lo prende sottogamba. Non di chi lo critica. Ma sticazzi. Non è questa la cosa importante.
La questione, al di là di tanti ragionamenti, credo che sia formale.
Nel racconto a fumetti abbiamo pochi mezzi: ritmo, parole, disegno, montaggio.
Ecco, questi mezzi sono la nostra lingua e il modo in cui si utilizzano sono la nostra morale (non ho paura di usare questa parola) la nostra etica e la nostra visione delle cose.
A me quella copertina fa incazzare. Perchè la forma è debole, superficiale e credo che non trasmetta una reale partecipazione all’evento trattato.
Non basta dire “faccio un fumetto a tema sociale” per sentirsi a posto. C’è la forma.
E se la forma non riesce a distaccarsi dalla visione delle due gnocchette abbracciate e dall’idea dei demoni con la maschera, allora vuol dire che il lavoro di riflessione fatto sull’argomento è stato debole.
Non conosco il lavoro di Ambu e non mi permetto di giudicarne il talento. Do per scontato che ce ne sia, e molto. Però davvero, ragazzi, quando si racconta con i disegni, si deve fare un passo di consapevolezza ulteriore.
da disegnatore che racconta cose anche dure mi fa incazzare il riccioletto dei capelli, per dire quanto sono pazzo..
Però in questo lavoro quello che si esprime lo si esprime con la forma e con le scelte a questa collegate.
Essendo che ho pochi nemici devo dire che questo deficit di consapevolezza io l’ho trovato in molti lavori editi da Beccogiallo. Credo che dipenda dal fatto che si prendono dei ragazzi giovani e li si fa raccontare di cose che sanno poco o che, comunque, hanno “sentito” poco nel profondo.
Perchè si può conoscere un evento leggendo le notizie relative, ma per “sentirlo” il processo è molto più complicato.
Ma non voglio generalizzare.
E poi, ragazzi, si può pure smettere di fare un esame di storia del fumetto a chiunque voglia esprimere un parere. Io non sono uno chef, ma se mi metto in bocca una cosa che mi fa schifo, la risputo.
Niente caste, ne eletti. per favore. Anche perchè mi troverei in grosse difficoltà e non potrei più esprimere pareri su niente, immagino, al di fuori del fumetto e della sua forma, come ho appena fatto."
Una precisazione anche io. Come ho specificato nell'ambito di una discussione che si è sviluppata, con variegate posizioni, per tre giorni e duecento commenti, non ho MAI parlato del fumetto, dichiarando apertamente di non averlo letto, ma esclusivamente della copertina/locandina.
RispondiEliminaE l'ho fatto non su un quotidiano, ma sul mio blog personale.
Grazie.
(Immagino sia inutile specificare in questa sede le sfumature della discussione, che è stata importante e interessante. Ma se si vuole ridurre tutto a "i giornalisti sono merda", pazienza).
"Come ho specificato nell'ambito di una discussione che si è sviluppata, con variegate posizioni, per tre giorni e duecento commenti, non ho MAI parlato del fumetto"
RispondiEliminaSecondo me è proprio da qui che nasce l'interpretazione errata della copertina.
La copertina è parte integrante del fumetto. Isolarla e giudicarla senza tenere conto del contenuto del libro è un'operazione scorretta (in generale, non solo in questo caso specifico), soprattutto se si accusa l'autore di apologia dello stupro.
Staccare la copertina dal resto del fumetto è come analizzare la frase di un libro senza tenere conto del contesto nel quale è scritta.
In pratica la copertina è la prima frase.
Mi sembra che manchi questo concetto (e non c'è niente di male: è una particolarità dei fumetti; anzi, solo di alcuni).
Si può fare una cosa del genere se Valenti scrive una cronaca in prosa e la casa editrice commissiona la copertina a Ambu.
In questo caso copertina e testo hanno due vite diverse.
Inoltre il fumetto è di formato piccolo.