Fra venerdì e sabato della settimana scorsa ho fatto un viaggio di 750 chilometri in treno e in macchina per visitare la fiera Narnia Fumetto a Narni in Umbria. Lo scopo principale del lungo pellegrinaggio era di fare un breve discorso su Dylan Dog in occasione della mostra 22 anni di Craven Road dedicata a Bruno Brindisi.
Ho scritto un libro sul Dylan Dog di Tiziano Sclavi intitolato Dylan Dog e Sherlock Holmes: indagare l'incubo che è ormai pronto e sarà stampato e distribuito in novembre. Per questo motivo la casa editrice NPE ha fatto presente all'associazione Dylandogofili, organizzatrice della mostra assieme allo staff di Narnia Fumetto, che avrei potuto fare un intervento durante l'inaugurazione.
Mi sembrava maleducato parlare di un libro su Tiziano Sclavi in occasione dell'inaugurazione di una mostra delle tavole di Bruno Brindisi, e così avevo preparato un discorso diviso in due parti.
Nella prima parte avrei voluto fare alcune brevi considerazioni sullo stile dell'autore salernitano.
Nei Dylan Dog disegnati da Brindisi si nota una ricerca di sintesi, un passaggio dai primi fumetti caratterizzati da tavole ricche di dettagli (l'esempio principale è Dylan Dog n. 89, I cavalieri del tempo) a storie nelle quali scema la necessità di riempire le vignette all'inverosimile. Questa evoluzione del tratto è stata spiegata dall'autore nel libro/intervista di Davide Occhicone intitolato Bruno Brindisi. Una linea chiara per raccontare l'orrore. L'autore ha detto che ci sono due motivi che lo hanno spinto a lavorare in questo modo sul suo tratto.
Innanzitutto si è accorto che nel passaggio dalla tavola originale alla pagina stampata le tavole troppo dettagliate venivano penalizzate. E' un problema simile a quello di cui ha parlato Paolo Bacilieri nel libro/intervista Making of Napoleone di Franco Busatta. Anche lui, che veniva da esperienze su fumetti in formato album francese e aveva caratterizzato il suo esordio bonelliano con tavole ricchissime di dettagli, si è accorto che doveva percorrere la strada opposta e togliere, eliminare gli eccessi.
In secondo luogo Brindisi si è accorto che l'evoluzione del tratto rispondeva anche a esigenze narrative. La ricchezza di dettagli in una vignetta condiziona il tempo di lettura, dilatandolo, e l'autore non voleva incidere negativamente su un fattore importante come il ritmo.
A proposito del tratto di Brindisi ho notato che Ghost Hotel, oltre a essere ricco di particolari, è caratterizzato da una predominanza del nero rarissima nei fumetti dell'autore. Mi sembra che l'autore abbia voluto adeguarsi alla densità della scrittura di Sclavi, che in Ghost Hotel ha usato un linguaggio ricercato, ha scritto dialoghi fitti e ha creato un soggetto pieno di spunti. Non so se questa analisi sta in piedi o è una cazzata.
Avrei voluto chiudere la prima parte del discorso sottolineando l'abilità di Brindisi nel caratterizzare i personaggi femminili. L'esempio cardine è I delitti della mantide, nel quale l'autore ha accompagnato e completato alla perfezione la sceneggiatura di Claudio Chiaverotti disegnando un'ampia varietà di tipi di donna.
Nella seconda parte del discorso avrei voluto attingere dal mio libro parlando di Dylan Dog n. 51 (Il male), il primo disegnato da Bruno Brindisi, sia dal punto di vista dello splatter che da quello della mostruosità.
Per quanto riguarda lo splatter Il male appartiene in pieno alla prima fase della vita editoriale di Dylan Dog. Le uccisioni sanguinolente erano un marchio di fabbrica delle prime annate della serie. Successivamente lo splatter è stato messo da parte (anche se non è mai scomparso completamente, come testimonia ad esempio Macchie solari, albo del 2002 che cito perché è disegnato proprio da Bruno Brindisi) ed è stato pubblicato addirittura un fumetto rosa, Il lungo addio, impensabile nel 1986. Bruno Brindisi ha partecipato a questa evoluzione tematica della serie disegnando episodi come Finché morte non vi separi, nel quale la violenza da genere horror è sostituita dalle manganellate dei secondini ai prigionieri politici dell'IRA, Il lago nel cielo, Tre per zero e il secondo e il terzo episodio della trilogia aliena (Dylan Dog n. 131 e 136; notare la differenza con il primo episodio della trilogia, Dylan Dog n. 61).
Dylan Dog n. 51 può essere incastrato anche nella più ampia riflessione di Sclavi sulla mostruosità. Al creatore dell'indagatore dell'incubo non interessano tanto i mostri tradizionali come gli zombi o i serial killer, utilizzati più che altro come spunto per il lato avventuroso delle storie di Dylan Dog, quanto mostri come Ghor, Johnny Freak e Gnaghi, cioè persone emarginate e sfortunate che vengono maltrattate da una società malvagia. Proprio la malvagità della società è espressa in forma di metafora grafica nelle tavole conclusive di Dylan Dog n. 51.
Inizialmente l'incontro era previsto sabato mattina nella sede della mostra. E' stato spostato al pomeriggio nella sede della fiera per permettere a un maggior numero di persone di poter assistere.
Ho approfittato della mattinata per chiedere a Stefano Simeone un disegno sul suo fumetto della Tunué intitolato Semplice e per fare una testa così a Giorgio Santoro dell'associazione Dylandogofili riassumendogli i primi quattro capitoli del mio libro.
Primo vuoto di memoria della giornata: ho detto a più persone che il libro ha 11 capitoli. In realtà ne ha 12. Quando li ho contati mentalmente mi sono dimenticato che c'è un capitolo sulle citazioni.
Questi sono i dodici capitoli:
1. Tiziano Sclavi e Dylan Dog;
2. L'orrore e i mostri;
3. Struttura narrativa di Dylan Dog;
4. Da Sherlock Holmes a Dylan Dog;
5. Il caso;
6. Il fallimento;
7. Il genere hard boiled;
8. Il giallo classico;
9. Realtà e sogno;
10. Uno strappo nel cielo di carta;
11. Le citazioni;
12. Conclusione.
Ci sono anche tre appendici:
1. Intervista a Tiziano Sclavi;
2. Il linguaggio del fumetto;
3. Tutti i Dylan Dog di Tiziano Sclavi.
A causa dell'intasamento del calendario degli incontri la presentazione della mostra non si è svolta neanche di pomeriggio. Nel corso della giornata ho seguito qualche conferenza; ho rotto le palle in più occasioni ai ragazzi dello stand della NPE; ho vagato per i corridoi della fiera come un'anima nel Purgatorio; ho girato un po' per Narni; ho sfogliato i fumetti e guardato gli autori che disegnavano dediche.
Ho anche fatto una domanda a Giacomo Bendotti durante la presentazione di Paolo Borsellino. L'agenda rossa della BeccoGiallo.
Prima ho detto che i fumetti possono essere divisi in tre parti: didascalie, dialoghi e disegni. Poi ho aggiunto che didascalie e disegni sono interpretazioni soggettive dell'autore mentre nei dialoghi vengono attribuite delle frasi direttamente ai personaggi. I casi sono due: o il personaggio ha detto quella frase e allora si cita (mettere nella nuvoletta è come mettere tra virgolette), o il personaggio potrebbe averla detta e allora si ipotizza. Mi chiedo (e non sono certo della risposta) se un dialogo diretto solo ipotizzato è ammissibile in opere che vogliono essere giornalismo o storiografia a fumetti. Ho chiesto all'autore come si regola quando scrive dialoghi diretti e quali indicazioni riceve dalla casa editrice. Non riporto la risposta perché non l'ho registrata e gli farei un torto riassumendola in maniera approssimativa.
Il mio discorso non ha nulla a che vedere con la qualità delle opere. Dire che I promessi sposi di Alessandro Manzoni è un romanzo storico non significa svalutarlo ma semplicemente constatarne la natura. Nessuno direbbe che I promessi sposi è un saggio storiografico. Come nessuno direbbe che Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia è giornalismo e Corto Maltese - La giovinezza è una biografia di Jack London.
Infine verso le 18/18.30 la mia attesa è stata premiata. La presentazione della mostra è stata sostituita con una presentazione del mio libro.
Tutti gli incontri che si sono svolti nel pomeriggio sono stati condotti con professionalità e hanno avuto una buona affluenza di pubblico. Vuoi perché sono meno famoso di Dave Gibbons (ospite principale di questa edizione di Narnia Fumetto), vuoi perché l'incontro non era in programma, vuoi perché la fiera si stava ormai svuotando, al mio incontro hanno partecipato mio zio, Valentino Sergi della NPE, una signorina elegante, due membri dell'organizzazione di Narnia Fumetto e un non meglio precisato addetto ai lavori.
La presentazione, sotto forma di intervista condotta da Giorgio Santoro dell'associazione Dylandogofili, è iniziata in maniera disastrosa. Nei primissimi cinque secondi ho combinato una cappella che ha fatto ridere di gusto la signorina elegante e disgustato i due ragazzi di Narnia Fumetto. Sono riuscito a fregarmene e un po' alla volta, dal sesto secondo fino alla fine, è andato tutto liscio (o almeno spero).
Nei 30/40 minuti di intervista ho fatto questo discorso:
1. Tiziano Sclavi ha costruito Dylan Dog come un personaggio agli antipodi di Sherlock Holmes. Lo si nota da diverse citazioni di Sherlock Holmes presenti in Dylan Dog. Per esempio il motto di Sherlock Holmes (una volta eliminato l'impossibile quello che rimane è la verità) diventa "Il mio metodo di indagine è di scartare tutte le ipotesi possibili. (…) Ciò che resta è molto più divertente, e guarda caso è il mio mestiere: l'incubo";
2. Sherlock Holmes è un personaggio positivista. L'allontanamento di Sclavi da Sherlock Holmes è un allontanamento dal positivismo;
Foto dall'album di Narnia Fumetto su Facebook
3. Sclavi non è il primo autore che si è voluto allontanare dal posivismo sherlockiano in opere gialle o imparentate con il giallo. Lo ha fatto anche Friedrich Dürrenmatt nel romanzo La promessa. Secondo lo scrittore svizzero i detective deduttivi riescono a fare i loro ragionamenti perché vivono in un Mondo semplificato rispetto a quello reale. Quegli stessi ragionamenti potrebbero non funzionare nella complessità del Mondo reale, impossibile da comprendere e dominare nella sua totalità. In un Mondo complesso le indagini, più che dalla capacità di ragionare del detective, sarebbero condizionate dal caso, che interverrebbe a favore o a sfavore dell'investigatore. Se intervenisse a sfavore vanificherebbe il ragionamento del detective e lo farebbe fallire.
4. Sclavi riversa in diversi episodi di Dylan Dog (e anche nell'essenza del personaggio) i temi della casualità e del fallimento. In Ombre Dylan Dog crede che un uomo sia un assassino di bambini. In realtà l'assassino è il figlio dell'uomo. Dylan Dog uccide il padre credendo che sia il serial killer e lascia l'assassino a piede libero.
Tra l'altro ho avuto un altro vuoto di memoria. Lì per lì non mi venivano in mente gli esempi di casualità presenti nel libro e ne ho fatto uno che non ho potuto inserire nel saggio per problemi di spazio...
In coda all'intervista ho anche detto che mi sono piaciuti i Dylan Dog di Roberto Recchioni.
Fine della giornata.
bravo gigi...
RispondiEliminaContinuiamo a celebrare Recchioni, male non può fare...
RispondiEliminaHo aggiunto una foto...
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