domenica 10 aprile 2011
Predicare male e razzolare peggio. Crisi del mercato e editori che se ne approfittano
Il settimanale The Village Voice ha dedicato un numero ai fumetti (ne ho parlato anche qua). Il supervisore Roy Edroso ha scritto un editoriale intitolato The Comics Issue: If Cartoons Are So Big, Why Don't They Pay?
Nell'articolo Edroso evidenzia che alcuni autori sono costretti a cercarsi un secondo lavoro perché non guadagnano abbastanza con la loro attività di fumettisti. Per sostenere questa tesi è costretto a cercare col lanternino autori come Molly Crabapple, Dave Dorman, Barbara Slate e Jessica Abel.
Trovo un tantino eccessivo sostenere che l'industria del fumetto negli Stati Uniti non permette agli autori di campare di solo fumetto perché Molly Crabapple, Dave Dorman, Barbara Slate e Jessica Abel sono costretti a cercarsi un secondo lavoro.
Prendiamo Jessica Abel che è la più famosa del quartetto. I suoi ultimi fumetti sono usciti nel 2008 (Life Sucks realizzato assieme a Gabriel Soria e Warren Pleece; Drawing Words and Writing Pictures con Matt Madden). La Perdida risale al 2006 ma è la ristampa riveduta e corretta di una miniserie pubblicata dal 2000 al 2005. Per vivere di solo fumetto dovrebbe prima pubblicare qualche fumetto, che dite?
Trovo che la tesi di Ortega (l'industria del fumetto non funziona perché Jessica Abel non riesce a vivere di rendita grazie a un fumetto di 300 pagine iniziato nel 2000 e finito nel 2005) sia sballata.
Altrettanto sballata è l'analisi del mercato delle fumetterie. Edroso lascia intendere che le vendite delle serie mensili sotto le 100.000 copie (quasi tutte le serie vendono meno di 100.000 copie) sono insignificanti. In realtà il mercato non andrebbe misurato solo in base alle copie vendute ma soprattutto in base agli incassi. Un fumetto di 22 pagine che ogni mese vende 70.000 copie e costa 3,99 dollari non può essere considerato un fiasco (70.000 x 3,99 = 280.000). Neanche se vende 10.000 copie è un fiasco.
La cosa più buffa è che il Village Voice non ha pagato diversi autori di fumetti che hanno realizzato delle illustrazioni per il numero in questione. La politica editoriale della rivista è stata criticata da Comics Alliance, The Beat (Il Village Voice si meraviglia che i fumettisti non facciano soldi con i fumetti - e nel contempo non li paga) e The Comics Reporter.
In seguito alle critiche il Village Voice ha deciso di tornare sui suoi passi e pagare gli autori che inizialmente avevano accettato di collaborare a titolo gratuito.
Il contenuto dell'articolo e la politica editoriale del Village Voice sono stati criticati da Kris Straub con una battuta molto incisiva: "I fumetti pagano. Almeno quegli autori che rifiutano le offerte del Village Voice e di altri editori che in cambio offrono solo esposizione mediatica."
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una posizione interessante. diciamo che in questo caso era un po' facile cadere nel luogo comune e lamentarsi. non mi pare negare l'evidenza evidenziare che ci sono casi e casi. i fumettisti alternative hanno altri lavori, dignitosissimi, e non mi pare ci sia da scandalizzarsi se è così (un sacco di loro insegnano).
RispondiEliminail fatto che il village voice non abbia pagato subito rimane una gaffe :)
Ricorrendo a un luogo comune dico che tutto il mondo è paese.
RispondiEliminaIntendo dire che non è una caratteristica esclusiavemnte nostrana quella di piegare i fatti alle tesi che si vogliono dimostrare.
Del resto ognuno ai numeri può far dire quel che vuole, basta esporlio, interpretarli o rappresentarli in un modo anzicchè in un'altro.
Certo che se la situazione descritta dal Village Voice fosse vera sarebbe un disastro e non si capirebbe come mai i disegnatori e gli autori italiani che lavorano in Usa (o in Francia o in Spagna) sono, per quel che leggo, estremamente contenti di lavorare per quei mercati.
mi pare che entrambi le analisi, quella che critichi e anche la tua, siano un po' superficiali.
RispondiEliminasicuramente negli stati uniti ci sono delle persone che col fumetto ci campano. però dubito che siano molte, al di fuori di marvel e dc (che comunque sono forti di licenze che fanno incassare molto in ogni ambito, e solo in parte con i comics). e forse dark horse.
persino l'image, che a lungo è stato il "terzo polo" tra le due major mainstream, non è che una specie di consorzio dove, in linea puramente teorica, chiunque potrebbe pubblicare il suo fumetto, a fronte però di un notevole investimento personale.
e qui arrivo al punto. tu dici che con 70 mila copia si incassa molto. probabile. ma non consideri un sacco di cose. ad esempio, che un editore vende i suoi fumetti a un distributore, con un grosso sconto quindi rispetto ai 3.99 dollari da cui parte il tuo calcolo.
poi, conosci percaso l'ammontare dei costi da sottrarre agli incassi totali? perchè senza questo dato non ha senso ragionare, perchè non puoi calcolare il punto di pareggio.
e soprattutto: ma chi le vende oggi 70 mila copie? secondo me, gli autori che si autoproducono baciano il crocefisso se ne vendono 500, altro che 10 mila... dai un'occhiata alla parte bassa della classifica diamond, poi ne riparliamo.
secondo me, se un'autrice come jessica abel non riesce a campare solo di fumetto, i motivi sono tanti.
per esempio, gli editori di romanzi danno degli anticipi ai loro autori, in modo che questi possano campare mentre scrivono l'opera successiva. al di là dell'assurdo di dare anticipi a se stessi se ci si autoproduce, non mi risulta che ci siano editori di fumetti che facciano questo: e allora come dovrebbe pagare l'affito la nostra jessica?
inoltre, a scrivere e disegnare un fumetto ci vuole un sacco di tempo. non è strano che tra un volume e l'altro passino anni (guarda craig thompson! a lui però l'anticipo l'hanno dato, credo). specie quando devi fare un altro lavoro...
non so se frequenti il blog di colleen doran, ma questa autrice parla spesso dei problemi che stiamo discutendo.
lei stessa, in un certo senso, fa altri lavori rispetto a scrivere le sue graphic novel: lavora su commissione per altri editori, realizzando fumetti e non solo (mi pare che abbia pubblicato, per dire, anche uno di quei volumi su "come disegnare i manga").
"a distant soil", l'opera con la quale doran dovrebbe campare altrimenti, a quanto pare la manda addirittura in perdita... e stiamo parlando di un'autrice che ha lavorato a lungo per marvel e dc, quindi più facilmente conosciuta rispetto alla abel dal target dei frequentatori di comics shop.
e quanti disegnatori di fumetti fanno anche storyboard o concept art (madureira) o lavorano per la pubblicità? idem per gli sceneggiatori (con film, videogames, romanzi...).
insomma, secondo me dire che non si campa di fumetto non è affatto una follia, e non dobbiamo lasciarci ingannare dai nomi dei pochi eletti che vediamo tutti i giorni nelle edicole.
Anche IDW, Dynamite, Avatar e Boom (per rimanere nel settore degli spillati) pagano gli autori. Si parla di editori che pubblicano autori come Garth Ennis, Mark Waid, Kurt Busiek e Kevin Smith.
RispondiEliminaQualche tempo fa in USA ha fatto scandalo la notizia che la Bluewater (quella delle biografie dei personaggi famosi) paga solo una percentuale sul venduto.
Sono pronto a scommetere che anche le varie Fantagraphics, FirstSecond, Top Shelf e così via pagano dei buoni anticipi sulle royalties.
Mi sembra normale che non tutti gli autori riescano a entrare nel giro di queste case editrici o a rimanerci a lungo. Però il numero di autori che vivono facendo fumetti è molto alto, come è alto il numero di quelli che sono diventati sfacciatamente ricchi.
il problema non è solo se un editore paga (cosa che non è affatto scontata, come visto), ma anche quanto paga, e quanto lavoro richiede (conosco gente che, pur brava e professionale, ha pubblicato una storia per questo o quel grande editore senza venire più richiamata). gli editori che hai citato, per dire, non pubblicano molte uscite, e tra quelle che producono ci sono tante ristampe (vedi fantagraphics).
RispondiEliminapuò darsi che qualche grande nome un anticipo riesca anche ad averlo (mi pare che alan moore oggi pubblichi per top shelf), certo. ma, ad esempio, mi pare di aver letto di recente di una messe di licenziamenti in casa fantagraphics: dubito che un'azienda che deve mandare a casa gran parte del suo staff abbia il budget per elargire anticipi.
non a caso, molti fumettisti americani oggi pubblicano direttamente per case editrici di varia, tipo random house (mi pare che sarà questo editore a pubblicare il nuovo di paul pope, ad esempio).
io non trovo che il numero delle persone che si mantenga facendo solo fumetto sia così alto, e soprattutto non mi azzarderei a sostenere che gli "sfacciatamente ricchi" siano tanti, anzi, sono convinto che, sempre che ce ne siano ancora (pensa ai problemi di bancarotta di todd mcfarlane), siano pochissimi.