Clic qua per leggere la prima parte.
A me pare che una concezione di questo tipo, nonostante l'ostracizzazione a parole, sia implicitamente alla base delle argomentazioni di Harrr. Per l'autore un Artista con la A maiuscola potrebbe tirare fuori l’opera di Remix dal cilindro del suo Genio. Tra le righe dell'articolo percepisco una concezione iperuranea dell'Arte avulsa dai fattori esterni che possono condizionare l'operato dell'artista: ci sarebbe una libertà di remixare in nome dell'arte prescindendo dal contesto storico, dal contratto con la casa editrice, dagli altri autori dell'opera, dal problema del ricalco (è plagio? viola la legge sul diritto d'autore?) e da tutte le possibili variabili esterne all'opera.
Una cosa del genere potrebbe succedere in un mondo immaginario dove le variabili del plagio e della legge sul diritto d'autore non condizionano l'operato degli artisti perché il significato del primo è limpido e incontrovertibile e la seconda non esiste. Invece queste variabili ci sono e gli autori devono confrontarsi con esse, nel bene (costruendo delle riflessioni sul prendere da altri) e nel male (non potendo usare certe opere protette dal diritto d'autore; esempio: Superman). Il significato di plagio non è limpido e la legge sul diritto d'autore influenza il modo di realizzare le opere.
Quando l'autore fa l'opera e quando il fruitore la interpreta non si può prescindere dal fatto che esistono una legge sul diritto d'autore e un concetto di plagio in divenire, perché questa legge e questo concetto possono avere inciso sul modo di produrre l'opera.
Se un autore si sforza di essere originale, potrebbe essere costretto a farlo perché è condizionato da fattori esterni. Esempio semplicissimo: in The Pro, non potendo prendere di peso i supereroi della DC Comics, Garth Ennis e Amanda Connor si sono sforzati di creare dei cloni di Batman e Superman.
Allo stesso modo se un autore copia o ricalca, non lo fa con leggerezza perché sa che si avventura in un campo minato. Da qua nasce un collegamento a un altro fattore esterno all'opera: l'intenzione dell'autore.
Secondo motivo: la delimitazione di "plagio".
Do per scontato che prendere l'opera di un altro spacciandola per propria non sia molto bello. Probabilmente la pensa così anche Harrr a proposito del caso più estremo: se prendo la Gioconda e dico che è mia commetto un plagio.
Il plagio si limita a questo? Quando finisce il plagio e inizia il riutilizzo che dà vita a qualcosa di nuovo?
Oggi il plagio è anche altro, come dimostrano i recenti licenziamenti di autori giapponesi colpevoli di avere ricalcato alcune tavole dai colleghi.
Le cronache del Mondo Emerso è figlia di un periodo storico in cui remixare come ha fatto Ferrario è considerato plagio e l'utilizzo del remix può essere visto al massimo come un esperimento di rottura. Dato che siamo in presenza di un autore che ha preso una scorciatoia per fare il lavoro - di impronta palesemente artigianale tra l'altro (vedi questo articolo) - in poco tempo e ha spacciato come proprio un lavoro copiato da altri direi che siamo più dalle parti del plagio che dell'esperimento di rottura. Forse in futuro remixare diventerà la norma e sarà un meccanismo accettato, ma oggi è un'operazione che, al di fuori di opere studiate e ragionate, rientra a tutti gli affetti nella categoria del plagio.
Davide Mana: "È notevole come i ragionamenti più raffinati, più culturalmente sofisticati, più complessi e in fondo più solidi, nel difendere la legittimità dell'operazione, non vengano dai diretti interessati, ma da persone estranee alla vicenda."
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sono all'incirca d'accordo in linea di massima. è ovvio che se giudichiamo secondo le categorie esistenti, l'aspetto contrattuale e professionale e le aspettative del pubblico, ferrario ha fatto una stronzata colossale.
RispondiEliminaperò volevo far riflettere su come quello che sembra uno scivolone indegno in realtà contenga i germi di qualcos'altro, contemporaneamente nuovissimo e antichissimo.