venerdì 11 marzo 2011
Nuova (ennesima) perla sulle graphic novel
Era dal 5 agosto - davvero troppo tempo - che non saltava fuori una delle tante perle sulle graphic novel e il fumetto autoriale.
Meno male che ci ha pensato Manuele Fior sul Corriere della Sera del 20 febbraio a rispolverare l'argomento:
"Blankets ha fatto capire che l'unione di disegni e parole poteva raccontare una storia compiuta, come un film o un romanzo, ma in modo diverso. E' un'altra cosa rispetto ai fumetti seriali che di solito sono di genere, polizieschi, o di fantascienza... Il fumetto autoriale può parlare di tutto, di qualsiasi aspetto della realtà, anche delle vite delle persone. Dylan Dog, Tex, Diabolik vanno benissimo, ma con i fumetti si può fare anche altro."
Mi dispiace tantissimo di avere inserito Cinquemila chilometri al secondo nella mia top 10 del 2010.
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Mi dispiace tantissimo di avere inserito Cinquemila chilometri al secondo nella mia top 10 del 2010.
RispondiEliminaVabbe', dài, per essere bravo è bravo. Molto semplicemente, è presuntuoso come altri autori di graphic novel. E poi, due premi uno dietro l'altro, magari si è montato un po' la testa.
RispondiEliminaNon è questo il punto. Non c'è nulla di male se un autore dice che Tex e Dylan Dog gli fanno schifo.
RispondiEliminaFior ha detto una cosa diversa: che il "fumetto autoriale" è sempre e comunque migliore del "fumetto seriale" (tutto il "fumetto seriale").
Davvero con i "fumetti seriali" non si può "raccontare una storia compiuta" e "parlare di tutto, di qualsiasi aspetto della realtà"?
O Fior non ha mai letto un fumetto in vita sua (ma è difficile che non abbia mai letto i Peanuts, per citarne uno fra i centinaia) o è disonesto.
E' la totale disonestà di Fior e del giornalista che mi fa imbestialire.
Cosa succederebbe se un autore di fumetti americano dichiarasse a un giornalista del New York Times una cosa del genere?:
"Blankets ha fatto capire che l'unione di disegni e parole poteva raccontare una storia compiuta, come un film o un romanzo, ma in modo diverso. E' un'altra cosa rispetto ai fumetti seriali che di solito sono di genere, polizieschi, o di fantascienza... Il fumetto autoriale può parlare di tutto, di qualsiasi aspetto della realtà, anche delle vite delle persone. Peanuts, Watchmen, Calvin and Hobbes e All Star Superman vanno benissimo, ma con i fumetti si può fare anche altro."
Il giornalista chiederebbe all'autore di fumetti se si sente bene oppure cestinerebbe l'intervista perché si vergognerebbe di pubblicare una palese puttanata.
Ma appunto, dicevo che è presuntuoso, ed evidentemente i due premi hanno fatto salire a galla quella presunzione. Cioè si è sentito abbastanza forte per esternare cose che prima si era limitato a pensare. Un po' di delirio di onnipotenza, insomma, peraltro favorito dalla giovane età.
RispondiEliminaIo non credo alla sua disonestà. Credo che sia *genuinamente* presuntuoso, cioè profondamente convinto - come, mi pare, tutti gli esponenti del graphicnovellismo e i loro idolatri - della superiorità "genetica" di quel tipo di fumetto. E vabbe'. Il fumetto popolare e seriale non ha certo bisogno della benedizione di Fior.
La mancata reazione del giornalista è deprecabile, ma... ben sapendo il grado di competenza con cui i media affrontano i fumetti, c'è da stupirsene?
A me l'unica cosa che lascia perplesso è la tua ultima riga (mentre in parte potrei pure condividere la "sostanza" del tuo discorso - seppure ritengo che probabilmente causa della dichiarazione tranchant di fior possa essere pure l'eccessiva sintesi del giornalista nel riportarne le risposte):
RispondiElimina"Mi dispiace tantissimo di avere inserito Cinquemila chilometri al secondo nella mia top 10 del 2010. "
e perché? In una classifica di libri si giudica il libro, non l'autore. Che di autori che potenzialmente mi starebbero antipatici ne è pieno il mondo, ma tanti hanno fatto libri bellissimi.
Poi la cosa che mi fa più ridere comunque è la frase "blankets ha fatto capire...". Eccerto, Will Eisner coltivava tulipani, Spiegelman è un contadino del minnesota etc... etc... Aspettavamo tutti blankets :-D :-D :-D
Ah! Preciso che ancora non ho letto il libro!
baci,
c.
Puntualizzo in questo blog, che mi sembra più serio di altri.
RispondiEliminaL'articolo del Corriere della sera contiene purtroppo un sacco di strafalcioni e inesattezze.
Colpa mia inesperienza, il giornalista ha editato una lunga chiacchierata molto informale e poi ci ha ricamato come gli pareva giusto. Alla domanda su cosa ne pensassi di Blankets (una delle poche graphic novel conosciute dall'intervistatore ) ho risposto che ha sdoganato il genere graphic novel al grande pubblico. Non mi sarei mai sognato di dire che "Blankets ha fatto capire che l'unione di disegni e parole poteva raccontare una storia compiuta", perché non mi passa neanche per l'anticamera del cervello.
Dato che ci sono, riporto anche le altre incoerenze e/o incomprensioni.
Nell'articolo compare: "racconto come una famiglia qualunque reagisce alla notizia che una civiltà extraterrestre ha cercato di contattare invano la nostra." Non so cosa dire, nel libro non succederà niente di tutto ciò.
Altra cappella: "I fumetti non sono un romanzo illustrato, come diceva Hugo Pratt". Chiaramente Pratt parlava di "letteratura disegnata". E' vero pero' che non condivido questo punto di vista.
Riguardo al fumetto popolare / seriale: io vengo dal fumetto popolare, americano. Continuo a leggerlo, continuo a imparare dagli autori che lo fanno. Faccio fumetto autoriale. Le due cose stanno bene assieme, punto.
Purtroppo la stampa a grande livello appiattisce e nel peggiore dei casi travisa dei contenuti specialistici per farli digerire ai lettori neofiti (in questo caso del fumetto), potete immaginare con quale mio disappunto.
Infine, per Luigi Siviero. Se decidi del valore dei miei libri da quello che leggi in giro o semplicemente dalle mie opinioni (che possono essere anche le + strampalate), non me ne faccio niente del tuo voto. Mi dispiace molto che tu me l'abbia dato.
Grazie della precisazione, Fior. Anche se...
RispondiElimina"io vengo dal fumetto popolare, americano. Continuo a leggerlo, continuo a imparare dagli autori che lo fanno"...
mi pare affermi implicitamente che dal fumetto popolare *italiano* non c'è niente da imparare.
Parere legittimo, per carità, ma che è proprio quello che filtrava dal pezzo, nonostante i vari travisamenti del giornalista.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminanon affermo implicitamente un bel niente, se non che non vengo dal fumetto popolare italiano.
RispondiEliminaFatemi capire, se uno cresce leggendo Frigidaire, Alter o Linus, si deve scusare con voi con il cappello in mano? Deve dare un colpo al cerchio e uno alla botte dicendo che ama il fumetto seriale?
RispondiElimina"Fatemi capire, se uno cresce leggendo Frigidaire, Alter o Linus, si deve scusare con voi con il cappello in mano? Deve dare un colpo al cerchio e uno alla botte dicendo che ama il fumetto seriale?"
RispondiEliminaAssolutamente no. Uno può benissimo dire che gli fanno schifo tutti i fumetti seriali che siano mai stati pubblicati (la vedo dura ma tant'è), però ha torto se aggiunge che con i "fumetti seriali" non si può "raccontare una storia compiuta" e "parlare di tutto, di qualsiasi aspetto della realtà", sottintendendo che i fumetti seriali sono per forza di cose inferiori alle graphic novel.
Fumetti seriali e graphic novel non sono altro che contenitori che hanno molte somiglianze e qualche minima differenza.
Questa è una graphic novel:
http://house-of-mystery.blogspot.com/2010/09/lady-gaga-e-justin-bieber-minacciano-di.html
Questa è una serie:
http://house-of-mystery.blogspot.com/2010/06/corto-maltese-con-corriere-della-sera-e.html
Queste distinzioni sono vecchie come il cucco. In Francia non esistono più. Gli autori migrano da serie a one shot a graphic novel. Popolare o autoriale sono la stessa cosa.
RispondiEliminaSe vuoi continuare a attribuirmi intenzioni che, come ho spiegato, sono state travisate, sei libero di farlo, come sei libero di rimangiarti il voto.
Il mio libro parla per me.
Avevo risposto a Igort.
RispondiEliminaeh scusa, era giusto per chiosare. sai, quando uno si sente dare del disonesto, ignorante, che dice puttanate ecc. gli girano in genere abbastanza i coglioni.
RispondiEliminaCarissimi,fare un libro a fumetti costa molta fatica e si naviga per cercare di capire cosa si vuole raccontare. Io amo le serie tv, le seguo e le compro. Inoltre sono nato,come autore, per via della mia veneranda età, leggendo fumetti seriali di vario tipo, italiani e americani perlopiù. Ho imparato moltissimo da questi. E li ho amati.House of mistery, per dire, era una testata che ospitava copertine di Kaluta e lavori di altri maestri che ammiro. Ho ancora le mie copie nella libreria del mio studio.
RispondiEliminaPoi, anni dopo avrei lavorato per le major, sia americane che giapponesi. Quindi credo di sapere qualcosa di queste,e, a essere onesti, non si può sostenere che il lavoro seriale sia equivalente, per libertà creativa, al lavoro che un autore può svolgere in casa propria, a proprio rischio e pericolo, sperando che il suo libro venga capito e pubblicato. Per la semplice ragione che il seriale ha le sue regole. Naturalmente questi limiti stimolano anche la creatività. Bernie Krigstein fece del numero limitato delle pagine la sua forza, inventandosi il montaggio che tutti noi oggi gli invidiamo.
E molti limiti sono anche semplici regole da seguire, precisamente. So che la falda del cappello di Tex, ad esempio, non può essere modificata, non può essere troppo grande. So che certi temi nei seriali americani, mi diceva Mazzucchelli, non possono essere affrontati.
Poi, certo ci sono stati quelli che hanno infranto le regole. Miller, lo stesso Mazzucchelli, Alan Moore, e diversi altri. Ma questi hanno ottenuto una libertà loro, "autoriale" per l'appunto. Basta chiamare le cose con il proprio nome e non pensare che se uno lo fa, ha per questo la puza sotto il naso.
Non attribuiamo a un autore quello che questo non vuole dire, specie se, come qui, smentisce e chiarisce il suo punto di vista.
Io ho amato moltissimo il lavoro di Magnus, l'ho pubblicato e ho trascorso ore memorabili a chiacchierare con lui. E nessun autore degno di questo nome si sogna di dire che il suo lavoro, per il fatto che faceva dei seriali, era limitato.
Fior ha fatto un libro meraviglioso e penso che tu abbia fatto benissimo a votarlo.
"eh scusa, era giusto per chiosare. sai, quando uno si sente dare del disonesto, ignorante, che dice puttanate ecc. gli girano in genere abbastanza i coglioni."
RispondiEliminaSulla base di frasi messe tra virgolette da un giornalista su un quotidiano, che si sono rivelate il contrario di quello che pensi in realtà:
"Queste distinzioni sono vecchie come il cucco. In Francia non esistono più. Gli autori migrano da serie a one shot a graphic novel. Popolare o autoriale sono la stessa cosa."
E se uno cresce a pane e Frigidaire, Alter o Metal Hurlant e poi si trova lavorare nel fumetto seriale e in quello cerca - per quanto possibile - di contaminare con le idee e la creatività che ha imparato ad amare in quelle sue letture, tentando di sovvertirne in parte alcune regole? Può essere una strada. Sottoscrivo Fior, una distinzione netta tra autorale e seriale non esiste, contano le idee.
RispondiEliminaBuongiorno a tutti, sono Stefano Montefiori, il giornalista del Corriere della Sera che ha scritto l'intervista a Manuele Fior. Scusate il ritardo, ma per caso mi accorgo della diatriba di qualche settimana fa.
RispondiElimina1) Chiacchierata informale? Io e Fior abbiamo parlato di fumetti a casa sua bevendo un bicchiere di vino, non ero travestito da giornalista (dovevo presentarmi con pipa, bretelle e lettera 22?) e abbiamo preferito darci del tu. Quindi informale, sì. Ma lo scopo dell'incontro era un'intervista sul Corriere della Sera, opportunità della quale Fior sembrava ben contento. Fior non l'avevo mai visto prima, gli avevo scritto un'email qualche giorno prima qualificandomi come corrispondente del Corriere della Sera a Parigi e chiedendo, appunto, un'intervista.
Comunque, chiacchierata informale ma registrata tutta, dall'inizio alla fine, con il telefonino sul tavolo e riascoltata poi - come faccio sempre - per riportare esattamente quanto Fior mi aveva detto.
2) Non mi sono inventato nulla e confermo le frasi attribuite a Fior. Il quale, se fosse stato in buona fede, avrebbe comunque potuto lamentarsi prima con me, vista anche la cordialità del nostro incontro, e poi scrivere una lettera al giornale chiedendo una precisazione, che - giustificata o no - gli sarebbe stata concessa.
3) Fior preferisce cavarsi dall'impaccio di avere scontentato qualcuno con le sue dichiarazioni, incolpando me. Troppo comodo e davvero poco serio.
4) Fior dovrebbe decidere se rivolgersi solo ai suoi pari, cioè autori, blog e riviste specializzate in fumetto, o se accettare anche l'interessamento dei biechi media generalisti.
Certo, i primi sono puri e all'altezza, i secondi appiattiscono, come no. I secondi, però, vendono 500 mila copie al giorno, una pagina del Corriere della Sera dedicata a un fumetto può fare moltissimo per le vendite, e Fior lo sa bene.
Quindi l'intervista la accetta, solo che finisce col dire cose che lo mettono in difficoltà nel suo ambiente. Allora che fa? Mica protesta con il giornalista e il giornale, no. Lì, silenzio. Ma nei blog specializzati, quelli dove ha problemi, dice che il "giornalista non ha capito". "La stampa ha frainteso". Eccerto, eccolo già capo di Stato vittima della stampa faziosa
5) Lo scopo dell'intervista non era affatto creare polemica. Al contrario. Tutto è nato con uno spirito di sincera curiosità e ammirazione, e il desiderio di fare conoscere un autore che aveva appena ottenuto un importante successo, senza volontà di nuocergli ma nella speranza di aiutare, casomai, un talento. Tutto qui. Un articolo poi può piacere o non piacere. Ma non si accusa in giro il giornalista di essersi inventato le frasi, senza dirglielo e senza protestare con il giornale.
ps. Negli ultimi 10 mesi ho intervistato tra gli altri Michel Houellebecq, il premier francese François Fillon, il candidato socialista François Hollande, l'editore Antoine Gallimard, gli scrittori Mathias Enard, Stèphane Hessel, Roberto Saviano, Saphia Azzeddine, Julia Kristeva, Marek Halter, il filosofo Michel Onfray etc. etc. Tutti con lo stesso metodo, lo stesso registratore e la stessa attenzione garantita a Fior. Tutti loro mi hanno ringraziato; solo lui si è lamentato, ma non con me.
Ho provveduto a rispondere a Stefano Montefiori in via privata. Se lui sarà d'accordo pubblicherò la mia risposta sul mio sito.
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