"(...) di critici possono essercene anche 2 o 3, ma se la qualità del loro lavoro è significativa, e il sistema-fumetto è in grado di riconoscere tale eccellenza, si può verificare un fenomeno che anche la presenza di un esercito di 1000 critici non può garantire per certo: l’ “influenza”. Non dimentichiamo mai cosa è la critica: non solo una specifica e distinta “fetta” della torta-fumetto (o di un dato settore culturale), ma una fetta particolare, in grado di interagire col resto per spiegare/illuminare/influenzare il sistema.
(...) E quando negli anni 60 emergono interventi critici come quelli di Eco o Vittorini o Del Buono, a fare pratica critica erano in quattro gatti, eppure in grado di influenzare il dibattito culturale ben più di quanto non facciano i critici – certo più numerosi – di oggi." [dal blog Fumettologicamente di Matteo Stefanelli]
Ora scrivo un commento che mi farà sembrare arrogante, saccente, irrispettoso e chissà cos'altro. Praticamente uno dei miei soliti commenti...
Negli ultimi decenni, a partire dagli anni '60, il fumetto è stato considerato cacca dalla maggior parte della popolazione italiana. Forse era meglio se certi interventi critici avevano meno fortuna...
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
-
Tutti conoscono l'ultima vignetta dei fumetti di Asterix: i Galli organizzano un banchetto a base di cinghiale per festeggiare il ritor...
-
Max Bunker ha attaccato Sergio Bonelli in un editoriale pubblicato su Alan Ford n.493. " In un “discutibile” intervento sul N° 493 di...
-
L'8 maggio è morto Carlos Trillo, uno dei più grandi e amati sceneggiatori di fumetti dell'Argentina. Trillo ha collaborato tra gl...
Più che saccente o irrispettoso, direi un po' stupido, o che vuole apparire provocatoriamente tale.
RispondiEliminaSe questo blog esiste (e quello di Stefanelli, e il mio e tanti altri) è anche grazie a quel dibattito degli anni Sessanta, quando proprio il fumetto non se lo filava nessuno, come oggetto di critica (già da sempre, mica dagli anni '60).
Quindi, se quegli interventi critici avevano meno fortuna, ci risparmiavamo anche stupidaggini come quella che ho letto qui.
Sarebbe stato davvero un vantaggio?
db
"I fumetti non vivono solo di contaminazioni e scambi con linguaggi come quelli della letteratura, del cinema o della poesia. Hanno anche una propria spiccata identità e un nocciolo di caratteristiche che li rendono unici e diversi da qualunque altra arte."
RispondiEliminaLa domanda che ti faccio è avresti potuto scrivere questo se non ci fossero state le persone che ora reputi così secondarie nella nostra cultura? Non credo che ci sia molto da aggiungere.
Sono sempre stato curioso di capire perché per un enorme lasso di tempo la maggior parte degli italiani ha considerato i fumetti spazzatura.
RispondiEliminaE' un fatto che in passato molte persone di tutte le classi sociali hanno avuto una pessima opinione dei fumetti.
E' un fatto che Eco ha avuto molta influenza (soprattutto su chi non legge abitualmente i fumetti).
Mi sembra lecito chiedersi se fra questi due fatti c'è un collegamento.
L'impressione che mi dà Eco è che ogni tanto si abbassi a occuparsi di fumetti per svagarsi da cose più serie.
Mi sbaglio? E' probabile... Mi chiedo semplicemente se sono l'unico a sbagliare...
"persone che ora reputi così secondarie nella nostra cultura?"
RispondiEliminaEsagerato! Si parla di una parte infinitesimale di quello che ha scritto Eco.
E poi è solo l'atteggiamento che non mi convince.
Non ci si può basare su impressioni, e non si può confondere il preferire mediamente altre letture con il disprezzo per il fumetto. La valutazione va fatta sull'incidenza culturale di quello che questi intellettuali hanno fatto nel momento in cui l'hanno fatto.
RispondiEliminaE allora pubblicare Popeye e Barnaby su "Il Politecnico" nel 1946 era una proposta davvero azzardata, e Vittorini se ne assumeva tutti i rischi, che non erano pochi in quel momento - anche e soprattutto rispetto a quella sinistra intellettuale in cui Vittorini si riconosceva.
Negli anni Sessanta le cose non andavano meglio, anzi forse peggio, come sappiamo. Basterebbe andare a rileggersi le reazioni scandalizzate della cultura italiana, per capire che dedicare al fumetto diversi capitoli di un libro sul consumo culturale era allora un azzardo assoluto. E Linus fu figlia di quell'azzardo: una rivista di fumetti che si apriva non con un fumetto ma con una conversazione tra intellettuali avente il fumetto come oggetto!
Io credo che quando dici "l'impressione che mi dà Eco è che ogni tanto si abbassi a occuparsi di fumetti per svagarsi da cose più serie" tu stia manifestando semplicemente l'altra faccia di quell'atavico disprezzo: è la reazione del disprezzato che dice: voi non capite niente; i migliori siamo noi! E così facendo ribadisce una separatezza e una differenza del tutto funzionali a chi predica l'inferiorità del fumetto.
db