martedì 16 ottobre 2007

Ancora sulle graphic novel


Roberto Recchioni nel suo blog
“che cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo...” diceva Shakespeare.
Evidentemente, il grande bardo si sbagliava di grosso.

E quindi, veniamo a noi...
I videogiochi hanno bisogno di un nome nuovo.
Serve una descrizione dl nostro media che possibilmente elimini l’aspetto ludico e divertente di tutta la faccenda e che dia l’illusione, al giornalista di turno, di stare parlando di qualcosa di serio e non di meri e stupidi giochini elettronici.
Serve una parola che possa distinguere “ICO” da “Street Fighter II” (che, detto tra noi, è un gioco che adoro). Serve un termine che faccia capire con chiarezza che “Grand Theft Auto” è un gioco che si rivolge ad un pubblico maturo.

Marco Rizzo nel suo blog
A me, personalmente, il termine graphic novel è sembrato sembre troppo ambiguo. L'ho usato in passato per questioni di "codifica", più che altro, ma con una certa attenzione prima di applicarlo come etichetta. Vi riporto una conversazione con un conoscente, a telefono, di qualche giorno fa.
"Ho visto in libreria, Ilaria Alpi, la tua graphic novel, complimenti"
"Fumetto."
"Eh?"
"Fumetto, non graphic novel."
"E che differenza c'è?"
Immaginate che ho passato i dieci minuti successivi a cercare di spiegargli quali sono le differenze, assolutamente teoriche e volatili. Finché non ho concluso:
"Senti, se è fumetto o graphic novel lo decide l'editore, o tutt'al più il libraio, a seconda del pubblico che vuole raggiungere o pensa di raggiungere."
Mi sembra una soluzione diplomatica, no? Simile sbigottimento da una giornalista, che l'altro giorno mi fa: "Ma questo suo libro... è una graphic novel?"
Al che rispondo: "Guardi, è tale e quale a un fumetto, ma graphic novel è un termine che va molto di moda ultimamente".
Dai secondi di imbarazzato silenzio ho dedotto che sarebbe stato preferibile evitare altre spiegazioni.

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