giovedì 19 dicembre 2013

Bonelli, The Walking Dead e il problema dei cliffhanger


E' successo che nell'ultimo numero dell'edizione bonellide di The Walking Dead è stato pubblicato un editoriale intitolato Mutatis mutandis (foto in alto).
Roberto Recchioni, chiamato direttamente in causa (è lo sceneggiatore di Orfani della Bonelli, cioè il "fumetto con ragazzini armati che uccidono" citato nell'editoriale), ha scritto una replica nel blog Asso Merrill.

Bene, non riassumo i due articoli e da qui in avanti do per scontato che li abbiate letti.
Secondo me Recchioni non ha centrato il punto. Nell'editoriale di The Walking Dead si
parla di linguaggio, argomento che prescinde da chi è il produttore del fumetto. Il fatto che Andrea G. Ciccarelli, capo della saldaPress, non produce i fumetti che pubblica non gli toglie il diritto di disquisire sul linguaggio del fumetto.
E' possibile che produzione e linguaggio possano intrecciarsi, ma non è questo il caso. In questa occasione "linguaggio" e "produzione" sono collocati su due piani talmente diversi che trovo non sia giusto impostare una replica improntata sul secondo a chi fa un discorso che riguarda il primo. Al discorso di Ciccarelli sul linguaggio sarebbe meglio replicare con argomentazioni che riguardano esclusivamente il linguaggio.

Il discorso fatto nell'editoriale non sta in piedi proprio a causa di quello che viene detto sul linguaggio. Nell'articolo viene affermato che in un numero bonellide di The Walking Dead ci sono quattro cliffhanger. Ebbene, non è affatto vero.
Nell'edizione originale The Walking Dead è pubblicato in una serie mensile con episodi di circa 22 pagine in ogni numero. In quella edizione c'è un cliffhanger ogni 22 pagine (ammesso che Robert Kirkman riesca davvero a creare un cliffhanger ogni 22 pagine) perché il lettore, al termine di ogni episodio, deve aspettare trenta giorni per sapere come proseguirà la storia. Nell'edizione bonellide vengono pubblicati in una volta sola quattro episodi originali, quindi tre cliffhanger su quattro vengono annullati. Al termine delle prime 22 pagine non c'è una sospensione della narrazione (fondamentale per creare un cliffhanger): per scoprire come prosegue la storia, il lettore non deve fare altro che continuare a leggere. Solo al termine del quarto episodio del bonellide c'è un vero e proprio cliffhanger.

Tra l'altro bisognerebbe capire a quali lettori bonelliani si riferisce l'autore dell'editoriale. Per esempio in Dylan Dog, una serie composta quasi esclusivamente da storie autoconclusive, il cliffhanger non c'è quasi mai. Può capitare che ci sia solo nelle storie divise in due albi.

Vedi anche:
The Walking Dead per bambini.
Le copertine di The Walking Dead n. 100.
The Walking Dead: le copertine di Tony Moore.

4 commenti:

  1. "E' possibile che produzione e linguaggio possano intrecciarsi, ma non è questo il caso. In questa occasione "linguaggio" e "produzione" sono collocati su due piani talmente diversi che trovo non sia giusto impostare una replica improntata sul secondo a chi fa un discorso che riguarda il primo."

    Qua devo fare una precisazione/correzione.
    La decisione di pubblicare fumetti di 22 pagine (Image Comics) o di 94 (Bonelli) è di tipo produttivo. Da questa decisione produttiva derivano conseguenze sul linguaggio: la possibilità di avere una storia che si dipana in molti numeri al termine di ciascuno dei quali c'è un cliffhanger (Image) oppure la possibilità di avere una storia lunga e unitaria (Bonelli).

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  2. applausi. senza se e senza ma
    complimenti davvero

    davide occhicone

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  3. Secondo dati ufficiosi, l'edizione bonellide da edicola di TWD vende più di 11.000 copie, più del doppio della più venduta serie di supereroi, la metà della meno venduta serie Bonelli. Per SaldaPress si sta rivelando una miniera d'oro, che di recente ha permesso alla casa editrice di Ciccarelli di prendere i diritti di un'altra creatura di Kirkman targata Image: tutto l'Invincible Universe (che potremo gustare non più in formato ridotto come lo proponeva la BD). In un 2013 in cui tutti gli editori hanno pianto lacrime amare, SaldaPress è forse uno dei pochi che ha avuto modo di sorridere per i buoni risultati ottenuti. Ecco spiegato l'articolo piccato di Recchioni, neosupervisore dylaniato. Una insofferenza che conferma quanto di buono è stato detto e si dirà di SaldaPress.

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